domenica 17 aprile 2011

L’ ELEFANTE E L’ARTE GIAPPONESE


Pensare all’arte nata in Giappone e associare gli elefanti non è certo cosa comune, altre raffigurazioni di animali popolano quel mondo, ma cercando con cura, scopriamo che questo pachiderma, d’origine non locale, non è proprio sconosciuto agli artisti operanti in Giappone, anche se non è soggetto frequente.

Nel Giappone antico, gli elefanti erano conosciuti solo per mezzo delle raffigurazioni provenienti dalla Cina e per l’avorio tratto dalle loro zanne, lavorato, da lungo tempo e da molti artisti intagliatori, in oggetti d’uso e decorativi. Era considerato come l’emblema della saggezza.

Questo animale giunse fisicamente sul suolo giapponese nella prima metà del XVIII secolo, dono del re del Siam. A questo periodo si fa risalire un aneddoto che non tardò a divenire un soggetto nelle opere di molti artisti e, in un secondo tempo, ad acquisire un secondo significato.

Si narra che la notizia dell’arrivo in terra giapponese dell’elefante avesse incuriosito moltissime persone e molti si recavano ad ammirare quello che i giapponesi identificavano come la più bella opera fuoriuscita dalla creazione. Fra questi individui, un gruppo di persone, private della vista, volle esaminare, con il tatto, l’animale.

Le notevoli dimensioni del mammifero, permisero che ogni non vedente fosse costretto solo ad un esame di una piccola parte. L’animale fu circondato e ognuno, in base alla porzione che gli competeva e alle proprie sensazioni, cercò di descrivere il mammifero. Come è logico intuire, tutte le narrazioni furono diverse e in nessun caso inerenti alla realtà. Col tempo, come spesse volte accade nella terra di Yamato, questo aneddoto acquisisce un significato ulteriore, diventando il monito a non giudicare da un solo punto di vista ciò che non si conosce.

Hokusai, con grande arguzia, illustrò questa situazione, in una incisione. La stampa appartiene alla raccolta “ Sillabario per trasmettere il vero spirito “.

L’elefante è anche il riferimento per l’identificazione di due personaggi che si possono ritrovare raffigurati in quest’arte, sono : Tai Shun e Kokusenya.

Tai Shun è usualmente rappresentato come un ragazzo con un elefante. Figlio di un vecchio cieco, chiamato Ku Sow, fu inviato, dai suoi genitori, sulle montagne a coltivare la terra. Accettando il suo destino, parti e si predispose al duro lavoro. Nel suo faticoso compito trovò l’aiuto di un elefante, il quale trainava l’aratro nel campo, arando al suo posto. L’imperatore Yao, conosciuta la condizione del ragazzo, provò per lui della pietà e, per compensarlo, gli diede una delle sue figlie come moglie. Questo permise a Tai Shun di diventare il successore al trono imperiale. La vita di questo ragazzo è identificata come uno dei ventiquattro modelli di virtù dei figli.

Kokusen’ya fu un famoso pirata vissuto nel diciassettesimo secolo, figlio di un padre di origine cinese, Cheng Che Lung, e di una madre giapponese, chiamato dai gesuiti Coxinga. Fu catturato nell’isola di Formosa e le sue audaci azioni, caratterizzate da umorismo macabro, lo porteranno alla notorietà. E’ raffigurato, come un uomo di piccola statura, nell’atto del furto di una tigre o di un largo elefante, mentre si allontana dal luogo della rapina con l’inusuale bottino.

La raffigurazioni dell’elefante è entrata anche negli accessori di ornamento delle lame giapponesi. Dal era Kyōhō, (1716-1735), si realizzano tsuba raffiguranti un elefante, il primo artista a introdurre questo soggetto fu Yasuchika.

L’iconografia del Buddismo permette altre comparse dell’elefante. In Giappone, la divinità buddista Fugen Bosatsu, chiamata in Cina Pu Hien. E’ citato nel testo del Sutra del Loto e viene raffigurato seduto su elefante, alcune volte con pelle bianca, o, più raramente, su un gruppo di elefanti. Può succedere che l’elefante o gli elefanti presentino tre paia di zanne. Generalmente è rappresentato mentre regge, fra le mani, un rotolo scritto, più raramente con un fiore di loto. E’ la divinità che impersona gli insegnamenti del Buddha, dispensa la conoscenza e saggezza. In Giappone, la qualifica di Bosatsu è destinata ad un individuo che, anche se gli è permesso, ha fatto voto di non entrare nel Nirvana fino a quando tutte le altre creature non potranno accedervi con lui, nel frattempo, aiuta e salva tutti coloro che sono prigionieri nel ciclo delle rinascite.

Una curiosità, leggendo un fumetto giapponese, il verso dell’elefante è scritto “paooooooon”.






Incisione xilografica, stampata in color nero, raffigurante "un elefante e otto uomini", ideata da Katzushita Hokusai, è una illustrazione del libro appartenente alla raccolta Sillabario per trasmettere il vero spirito





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