mercoledì 12 ottobre 2011

LA TECNICA ARTISTICA, LA STORIA E IL MERCATO DEL CLOISONNE' REALIZZATO IN GIAPPONE



COPPIA DI VASI CLOSOINNE ENTRAMBI DECORATI, NELLA PARTE INFERIORE,  CON UN DRAGO REALIZZATO IN COLOR BIANCO, GRIGIO E ROSSO, REALIZZATI NELLA CITTA' DI NAGOYA NELLA SECONDA META' DEL XIX SECOLO.


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Il cloisonne una tecnica artistica che consiste nell'applicazione di paste vitree policrome sopra superfici metalliche. 

La convergenza dei due diversi materiali, il vetro, fuso e applicato a caldo, e il metallo, lo pone a metà strada fra l'arte del vetro e dell'oreficeria. Questa lavorazione era conosciuta in molti luoghi e tempi. Nel medioevo ebbe il suo apice a Bisanzio, dal lavoro di quelle botteghe uscì la "Pala d'oro", ora appartenente al Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia, composta da pannelli smaltati, di eterogenea provenienza e epoca, databili a partire dal X secolo.

Questa lavorazione consiste nel riempire degli alveoli con lo smalto colorato, componendo un decoro, dove possono essere presenti anche delle immagini. Il primo cloisonnè figurato conosciuto è una croce-reliquiario, custodito nella Basilica di San Pietro a Roma, databile fra il VI e il VII secolo. Le cavità dove si collocherà lo smalto sono leggermente emergenti rispetto al piano della base, delimitate da listelli o fili. La qualità nella lavorazione si definisce in base alla grandezza delle celle e dei fili che, in entrambi i casi, per esprimerà la migliore varietà, devono essere delle dimensioni più ridotte possibili. Lo smalto fuso, colato nell'alveolo, aderisce alle pareti del listello o del filo e al piano dell'oggetto. Il supporto in metallo può essere in rame, bronzo, ottone e occasionalmente in metalli preziosi. Il sostegno metallico era realizzato a fusione o da una lamina che veniva lavorata direttamente con il processo della martellazione. In quest'ultimo caso il metallo, in genere il rame, era ridotto a lastra, battuto e la forma era ottenuta dall'unione di più lastre sagomate. Alcune parti più vulnerabili, come i bordi, erano poi rifinite in bronzo. Per gli esemplari più antichi i listelli erano saldati sulla superficie dell'oggetto, negli esemplari databili verso la fine del XIX secolo, i fili erano incollati con colla di riso che si bruciava al momento dell'applicazione dello smalto fuso.

Lo smalto è formato, in proporzioni diverse, da sabbia, sodio e potassio. Questa miscela esposta al calore si scioglie in una massa di colore blu o verde, usando questo composto come base si potevano ottenere altri colori con l'aggiunta di agenti coloranti, in genere ossidi metallici. Il maggior progresso nella gamma dei colori disponibili si ottenne in Giappone, questo avvenne dal 1875, con la fondazione, a Tokyo, della Ahrens Company. In questa industria si concretizzò la collaborazione fra Tsukamoto Kaisuke, famoso artefice di cloisonne, e Gottfried von Wagner, Gottfried Wagener (1831-1892), chimico tedesco, trasferito in Giappone per dare un supporto scientifico alle arti e mestieri tradizionali.

Gli smalti in pasta vengono compressi nelle celle, in genere, un colore per cella, ed esposti a cottura in piccoli forni d'argilla. La temperatura del forno dipendeva dal colore dello smalto in cottura, questo perché ogni smalto è caratterizzato da un proprio punto di fusione. In genere si iniziava dagli smalti con un punto di fusione più alto e poi si passava a quelli con punti di fusione più bassi. La smaltatura dell'oggetto avveniva con una successione di cotture a temperature sempre più basse, questa serie di cotture determina una contrazione dello smalto e la conseguente aggiunta, per ogni nuova immissione nel forno, di smalto in pasta. Finita la fase della cottura, l'oggetto veniva accuratamente levigato, per far emergere il filo e rimuovere le sbavature dello smalto. Alla levigatura seguiva la lucidatura con polveri sempre più fini, fino a raggiungere una patina traslucida. 

Cloisonnè è un termine generale che raggruppa molte varianti tecniche.

Il plique-à-jour è una lavorazione difficoltosa, dove il corpo metallico dell'oggetto, realizzato in rame e di piccole dimensioni, era sottoposto all'azione dell'acido che lo eliminava per corrosione, lasciando solo gli smalti e i fili delle celle. Questi oggetti, di ridotte dimensioni, a causa della tecnica di lavorazione, hanno una valutazione molto elevata. Questa tecnica può essere realizzata in una sola zona dell'oggetto, per esempio la fascia centrale di un vaso, al di sopra e al di sotto della quale questo procedimento non è applicato, in questo caso abbiamo una plique-à-jour parziale. La fabbrica fondata da Ando Jubei realizzò molti oggetti con questa metodo.

Il moriage è una tecnica dove lo smalto è applicato a strati, portando alcune parti della decorazione dell'oggetto ad alto rilievo, in posizione più elevata rispetto ad altre, con questa tecnica hanno lavorato gli artisti occupati presso la Ando Jubei e Kawade Shibataro.

Smalti gin-bari, dove lo smalto traslucido è applicato su un fondo composto da un foglio metallico, questa tecnica può essere anche parziale, dove una parte del soggetto decorativo è realizzata con il metodo gin-bari e il resto della decorazione dell'oggetto è realizzato con lavorazione a smalto abituale, così lavorava Oda Tamashiro.

Musen-jippo è la tecnica più spettacolare e impegnativa, inventata e usata in prevalenza da Namikawa Sosuke. Padroneggiata solo dai migliori artisti, è caratterizzata da smalti che non presentano fili metallici, quest'ultimi vengono rimossi prima della cottura, o, se necessari, usati in modo molto accorto. Gli oggetti smaltati prodotti da Namikawa Sosuke sono fra i più richiesti e pagati dal mercato, ma non tutti i pezzi realizzati con questa tecnica sono certamente attribuibili alla sua opera. A fini speculativi gli operatori commerciali gli riconoscono manufatti non firmati e con caratteristiche stilistiche non sempre vicine alla sua produzione. I primi oggetti realizzati con questa tecnica datano 1889.

Più comuni da vedersi, ma sempre eleganti e certo non meno affascinati, sono i cloisonnè con corpo smaltato in color blu notte e con le celle realizzate da sottilissimi fili in argento. Creati nella città di Nagoya sono caratterizzati da minute celle che realizzano dei complessi decori. I pezzi migliori furono prodotti nel laboratorio di Hayashi Kodenji o di Hayashi Kihyoe. A Nagoya, con questa tecnica, sono anche stati prodotti dei pannelli decorativi, destinati ad essere appesi, raffiguranti draghi o fenici, sempre difficili da reperire sul mercato antiquario.

Durante l'epoca Meiji, gli smalti più belli e rappresentativi furono prodotti fra il 1880 e il 1900, periodo in cui questa tecnica artistica, in Giappone, raggiunse il suo apice. Prima del 1880 gli smalti erano grezzi, il filo di contorno delle celle era molto evidente. Pezzi di qualità possono presentarsi, ma il decoro è sempre ripetitivo, influenzato dalla produzione tessile, che si palesa nell'ampio ricorso a motivi decorativi di forma romboidale e più in generale geometrica. Queste caratteristiche rendono questi oggetti poco attraenti e, di conseguenza, poco appetibili sul mercato. Di contro la produzione realizzata fra il 1880 e il 1900, coincide con il periodo migliore, l'età dell'oro degli smalti, caratterizzata da un notevole mutamento degli stili decorativi, con una realizzazione più realistica del soggetto, permesso dalle maggiori competenze tecniche che consentirono di realizzare i piccoli particolari del decoro. Con questo nuovo progresso della tecnica furono dipinti paesaggi e composizioni di fiori, foglie e insetti. Nel caso delle coppie di vasi, può succedere che i due decori si continuino e il soggetto decorativo si componga di due parti suddivise e complementari, una similitudine con le Ukiyo-e, dove il soggetto era espanso su più fogli.

Dalla fine degli ottanta del ventesimo secolo si assiste ad un accresciuto interesse per le opere d'arte prodotte durante il periodo Meiji, tendenza confermata anche nel presente. Oggetti prodotti in questo lasso di tempo, da molti conoscitori e collezionisti guardato con distacco, possono raggiungere quotazioni pari all'arte giapponese tradizionale, da tempo consolidata nel mercato. Questa affermazione, valida in generale, è ben adatta per i cloisonnè, unica espressione artistica giapponese ad aver raggiunto la perfezione tecnica ed estetica durante il periodo Meiji.

Prima dell'epoca Meiji i cloisonne vivono una storia particolare, tanto da poter affermare che, in Giappone, questa tecnica fu scoperta due volte.

I primi closionné realizzati in Giappone furono opera di Hirata Donin. Prodotti attorno ai primi decenni del XVII secolo, furono sempre oggetti di piccole dimensioni, come le finiture per la montatura della spada o dei medaglioni. La famiglia Hirata si specializzò in questa tecnica e produsse, per duecento anni, oggetti di decorazione sussidiaria, mai oggetti decorativi singoli. Con gli inizi dell'ottocento le commissioni diminuirono al punto che il segreto della produzione con questa tecnica si andava perdendo, assistendo al paradosso, di una tecnica custodita così gelosamente che i discendenti persero la capacità di realizzarla, ma non il diritto ad eseguirla. Nell'ottocento questa lavorazione era quasi scomparsa, rinacque solo dopo anni di esperimenti e fra le ragioni della rinascita bisogna annoverare l'interesse commerciale che questi prodotti avevano nei mercati europei e non tanto dalla domanda interna giapponese.

Gli inizi della riscoperta della tecnica si devono ad un samurai di nome Kaji Tsunekichi, 1802 - 1883, nato e vissuto a Nagoya. Venne a conoscenza degli oggetti con decoro a cloisonne dalla lettura di un antico testo. Non avendo mai visto oggetti smaltati, appena gli fu possibile acquistò un manufatto decorato usando questa tecnica artistica, questo avvenne nel 1832. Si dice che ruppe l'oggetto per carpirne i segreti, questo gli permise, nel 1883, di compiere, da autodidatta, i suoi primi esperimenti, dando vita a una serie di seguaci che con le loro ricerche rimisero a punto la tecnica di produzione. 


La forma a tromba del cloisonné illustrato si ispira ad un ku, il boccale in bronzo, usato per bere durante le feste, tipico dell'antica Cina. Caratterizzato da un bordo sporgente, corpo rastremato e piede leggermente espanso. Presenta il bordo e la base rifinite in argento e corpo smaltato, in diverse tonalità di color verde, a imitazione della decorazione dei bronzi cinesi antichi. Prodotto nelle prime quattro decadi del XX secolo, dalla fabbrica, fondata a Nagoya, dall'imprenditore Ando Jubei. In questa stabilimento lavoravano gli smaltatori più esperti e nei suoi laboratori si realizzarono ricerche tese a perfezionare gli smalti, i colori, le paste e i processi produttivi. Questa attività di ricerca permise la produzione dei primi cloisonné realizzati con la tecnica del moriage e del plique-à-jour.






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